Questo non è un post a favore dell’intelligenza artificiale.
Questo non è un post contrario all’intelligenza artificiale.
Non mi interessa, almeno in questa sede:
dare un giudizio morale
dimostrare la mia appartenenza all’una o all’altra parte
fare catastrofismo sulla tecnologia.
Questo vuole essere un post abbastanza lucido e spassionato su cosa ci aspetta in un futuro prossimo, possibile se non probabile.
Premessa numero uno:
Immagina di essere uno spettatore in uno spettacolo di magia. Il prestigiatore tira fuori il coniglio dal cappello. Applausi. Una volta uscito dal cappello, il coniglio saltella libero sul palco e magari su tutti gli ospiti.
Ora, è increscioso che questo coniglio salti sulle ginocchia degli spettatori? Forse. Ma nel cappello non ci ritorna. Non ci può tornare.
Il trucco è stato fatto.
In questa analogia, il coniglio è la tecnologia delle LLM, il cappello è il vuoto. Ora che l’abbiamo scoperta non la possiamo dimenticare1.
Tutta la legislazione sull’IA (per inciso, necessaria) deve tenere conto del fatto che un modello già allenato può funzionare sul computer di casa di chiunque. Neanche uno stato di sorveglianza2 potrebbe impedirlo.
Premessa numero due:
Diciamo che la tecnologia continua a migliorare.
Non è strettamente necessario che migliori velocemente; potrebbero esserci passi avanti graduali, o anche qualche passo indietro. Non importa.
Già adesso è possibile, in teoria e in pratica, scrivere un libro con le AI. Di fatto c’è chi lo sta già facendo3.
Sul suo substack Worth Writing For, Olivia racconta come la sua coinquilina stia facendo scrivere un libro a GPT. Il processo è ancora lento e macchinoso (servono diversi prompt) ma già decine di volte più veloce di uno scrittore normale.
La cosa interessante del post di Olivia è che non sembra esserci (per quello che ne sappiamo) alcuna pretesa di pubblicazione da parte della coinquilina. Pare lo stia facendo solo per il proprio divertimento.
Al lato estremo c’è la casa editrice che vuole pubblicare 8000 libri l’anno4 ma anche il saggio Tlon con l’autore fittizio5. Già adesso le CE fanno uso dell’IA.
Le case editrici sono aziende interessate al fatturato. Al momento il fatturato si fa buttando sul mercato il maggior numero di uscite al minor costo possibile, e prendendosi meno rischio possibile. In questo contesto, non usare l’IA per rendere più economico il processo è una decisione molto stupida.
Questo è ovvio - dobbiamo ricordare però che OpenAI, Claude, Sudowrite eccetera non sono strumenti “di settore”, ovvero non sono tenuti nascosti dentro gli uffici di una casa editrice.
Può usarli anche e soprattutto l’utente finale.
Tra cinque anni avremo il romanzo ‘on demand’.
Ovvero su richiesta. Un utente qualsiasi potrebbe chiedere a un’IA:
scrivi un romanzo ispirato al signore degli anelli, dove il protagonista è scelto dal destino ma non lo sa, inoltre fa’ che i draghi siano presenti e siano buoni6.
Oppure:
scrivi ‘the winds of winter’ , il libro che George R.R. Martin non ha mai finito
Preme invio e dopo un’ora, cinque ore o un giorno, il modello gli restituisce un libro completo che può stampare, mettere in ebook, leggere, illustrare e o trasformare in audiolibro.
Forse sarebbe scritto di merda7. Ma non è detto.
Quando due anni fa un amico mi faceva conoscere sudowrite (e iniziava già a sudare immaginando le stesse cose che sto immaginando io adesso) non mi ero preoccupato.
Oggi GPT 4o può produrre prosa a livello umano (ammesso che ci siano le giuste indicazioni e il giusto editing). Se accetti la mia premessa, ovvero che continueremo a vedere dei miglioramenti nel futuro prossimo, allora è ragionevole pensare che la scrittura ‘assistita’ sarà in grado di replicare qualunque scrittore.
Ma quello dalla qualità non è un vero problema.
In The colors of her coat, Scott si chiede se essere in grado di generare diecimila immagini ‘simil Ghibli’ sul proprio computer di casa non svaluti l’esperienza di vedere Il mio vicino Totoro o un altro capolavoro dello studio di animazione giapponese.
If you insist that anything too common, anything come by too cheaply, must be boring, then all the wonders of the Singularity cannot save you. […] But if you can bring yourself to really pay attention, to see old things for the first time, then you can combine the limitless variety of modernity with the awe of a peasant seeing an ultramarine mural - or the delight of a 2025er Ghiblifying photos.
Vi lascio leggere la sua conclusione. A me sembra suggerire che la banalizzazione e lo svilimento del processo artistico non abbiano tanto a che fare con la tecnologia, ma ancora una volta (sigh) con il consumo.
Un libro on demand sarebbe qualcosa di incredibile. Non richiederebbe distribuzione, editing, librerie; sarebbe calibrato esattamente secondo i desideri dell’utente.
Questo ci porta inevitabilmente a parlare della
morte del libro
In un mondo dove ogni storia è a solo a una generazione (dello strumento) di distanza, il libro come lo intendiamo oggi non ha senso di esistere.
Già oggi il lettore può ricavare lo stesso tipo di soddisfazione da decine di altri media (videogiochi, film, serie, podcast, anime, fumetti, eccetera). Nel prossimo futuro potrebbe soddisfare il vizio di leggere creando il suo libro in tempo zero.
Non ci sarebbe più bisogno di aspettare anni per la prossima uscita di una serie. Non ci sarebbe più bisogno delle fanfiction. Fatevi da parte: è arrivato il motore a storie infinite.
Sappiamo già che il grande discrimine alla lettura non è la quantità di materiale (le librerie sono ingolfate) ma la disponibilità di tempo. Un lettore impegnato a leggere “Le Cronache del Fantasy Semplice Mondadori” non avrà modo di prendere “Il Libro Sconosciuto ma Anche Bello” perché sta già occupando il suo tempo limitato.
La possibilità di creare il proprio libro con le caratteristiche preferite (temi, trama, ambientazione, stile, personaggi) sarebbe una concorrenza incredibile e spietata. E sarebbe una concorrenza sul mercato del tempo e dell’attenzione, non su quello monetario.
Seguitemi bene: i libri generati dall’IA non dovrebbero nemmeno arrivare in libreria per mettere in crisi quelli tradizionali. La loro sola esistenza sarebbe sufficente per ridurre o saturare una fetta del mercato.
Ma la morte del libro colpisce anche e soprattutto lo scrittore.
Quanto impiega uno scrittore professionista a scrivere una prima bozza? Vogliamo dire sei mesi? Tre? Troppo, quando la macchina può farlo in un paio di giorni. Senza contare che la maggioranza degli scrittori non sono professionisti; non possono o non riescono a mantenere questo ritmo anche perché non si sfamano di quello che scrivono.
Lavorare un anno al minimo (includendo anche revisione, editing, e marketing) per avere zero garanzie di successo e di letture è già difficile adesso. Gli scrittori sotto la famosa ‘fascia media’ non sanno neanche se il loro romanzo vedrà la luce.
Certo non ci sarebbe alcun impedimento fisico alla scrittura come hobby. Sarebbe comunque un passatempo di tutto rispetto come lo è ora. Ma come può essere un hobby dipingere ritratti, costruire modellini, o giocare a calcetto senza alcuna pretesa di fama e compenso.
Entrando così a pié pari nel discorso sull’inutilità dell’arte.
Ma più che inutile (termine in questo caso non peggiorativo) rischierebbe di essere un’arte senza pubblico.
Sul livello del mercato, la fotografia ha ‘ucciso’ i ritrattisti. E nel nel mondo dei treni e delle automobili, nessuno si sposta più a cavallo8.
Nel nostro scenario ipotetico, i libri non sparirebbero esattamente come non sono spariti i ritratti e i cavalli. Potrebbero semplicemente venir relegati in una nicchia minuscola, come la letteratura d’avanguardia.
Quanta letteratura ‘d’avanguardia’ viene letta? Quanta letteratura indie?
Se hai risposto ‘non molto’ alla domanda precedente, ne hai vinta una nuova: possiamo aspettarci che in futuro questa nicchia si ingrandisca?
Una falsa soluzione: certificare il “made by humans”
Alcune associazioni promettono di ‘certificare’ i libri come fatti ‘a mano’ da autori umani.
Nessuno strumento, oggi, è in grado di certificare l’assenza di IA senza produrre falsi positivi e falsi negativi. Gli strumenti peggiori sono algoritmi statistici ‘standard’, quelli migliori (ironicamente) sono IA a loro volta.
Insomma, non c’è alcuna sostanza dietro queste iniziative.
Il meglio che possiamo aspettarci è uno scenario dove tecniche IA e anti-IA si inseguono in una corsa agli armamenti. Il peggio è una caccia alle streghe, come avviene già avviene per gli illustratori, a cui viene richiesto in continuazione di dimostrare di avere gli stadi intermedi del lavoro.
Senza una vera e propria ‘garanzia’ tecnica, qualsiasi certificazione rimane un moralismo vuoto. D’altronde anche un’eventuale garanzia tecnica di assenza di IA rientrerebbe in un terreno morale che mi sono ripromesso di non trattare in questo post.
Il problema alla base mi ricorda la legge di Moore9 in informatica.
La tecnologia cresce in maniera esponenziale, ma la capacità della società di adattarsi alla tecnologia cresce in maniera lineare.
È come la barzelletta. Se Carlo Magno fosse vivo oggi e gli dovessimo spiegare cos’é internet, potremmo farlo dicendo: “La più vasta biblioteca libera del mondo, accessibile dovunque, e principalmente usata per condividere porno e foto di gatti".
La tecnologia cresce, noi molto poco.
Che succede se il libro muore?
Tornando a noi. Credo che l’essere umano abbia sempre avuto l’impulso di creare, o più nello specifico di raccontare. Da quando dipingevamo nelle caverne.
Il libro può anche morire. Vuol dire che la creatività troverà altre forme per esprimersi. Questo non mi preoccupa.
Mi preoccupa, come scrittore, lavorare a un formato di storia che potrebbe diventare obsoleto in cinque anni. Mi preoccupa entrare nel dibattito IA ancorandomi a dei preconcetti già vecchi.
C’è materiale abbastanza per un’altra riflessione, ma non si può stare nel mercato senza chiedersi cosa significhi. Tutti hanno sognato almeno una volta di ‘fare i soldi’ con la scrittura; non è detto che sia un sogno realistico o giusto.
Tornando al problema libro, la domanda che dovremmo porci è come potrebbe evolvere la narrazione, e in che nuovi modi potremmo raccontare.
Mi trovo in un discreto imbarazzo nel non avere una risposta. La mia capacità profetica si ferma qui (ammesso che io l’abbia mai avuta).
Il libro on demand così come l’ho presentato avrebbe per esempio una grossa falla: mancherebbe del tutto dell’aspetto sociale. I lettori potrebbero generare le proprie storie, ma senza condividerle sarebbe difficile parlarne.
Inoltre c’é l’aspetto della ‘scatola nera’ tipico dell’IA, l’eventuale perdita di competenze umane, e tutta una serie di implicazioni filosofiche e pratiche per nulla scontate. Ma ripeto, per questo è già tardi. Il coniglio è fuori dal cappello.
Da un lato più positivo, esistono forme di narrazione collaborativa che l’IA potrebbe potenziare. Un esempio è quello dei giochi di ruolo, dove l’algoritmo potrebbe fornire l’ambientazione a due esploratori umani che viaggiano insieme. Il mondo dei giochi di ruolo in solitaria (che si basa molto su tecniche di journaling) potrebbe allo stesso modo beneficiare di questi ‘motori di idee0 o ‘narratori meccanici’. L’IA potrebbe entrare nel mondo delle visual novel o delle ‘avventure a scelta’. Magari vedremo una rinascita dei libri game.
Ma soprattutto potrebbero aprire la strada per forme di narrazione che oggi non immaginiamo neanche.
In ogni caso penso sia importante, invece di tentare di fermare la corrente, iniziare un dibattito aperto e onesto sul tema. Sarebbe bello se coinvolgesse le due parti in gioco: gli scrittori e il pubblico.
Basta non farsi intrappolare in una guerra dei poveri tra chi sostiene l’uso dell’IA e chi vorrebbe bandirla.
Che succede se il libro non muore?
Vi avevo promesso che non sarei stato catastrofista.
Effettivamente un cambiamento non è per niente scontato. Il mercato è bravo a cooptare anche le tecnologie che potrebbero destabilizzarlo. Fra cinque anni potremmo avere le capacità tecniche per generare romanzi a partire da una singola frase… e andremmo comunque in libreria.
Si legge poco adesso, e si potrebbe continuare a leggere poco in futuro. Alcune professioni che ora si basano sul ciclo produttivo del libro potrebbero subire un grande colpo (editor, valutatori, ghost writer e correttori di bozze).
Ma l’utente finale potrebbe comunque avere la sua scelta di libri editi dalle case editrici, fidarsi più o meno della bontà del loro processo interno, o semplicemente farsi guidare dal marketing per comprare i regali di natale.
Come si diceva nel Gattopardo:
Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.
Insomma si concluderebbe tutto con una grande stagnazione. Questo sarebbe forse un risultato ancora peggiore della morte del libro.
Il grande non detto
Dirò roba molto vecchia. Un professionista del settore potrebbe tranquillamente saltare questa parte.
L’editoria è in crisi, e non solo in Italia.
Qualsiasi discussione sul futuro deve necessariamente partire da una semplice considerazione: si producono vagonate di libri cartacei destinati al macero10. Stampare milioni di libri per poi riciclare la carta dovrebbe almeno far sorridere: immaginate una tipografia che getta le rotative direttamente nel cassonetto della riciclata.
La verità non è così semplice. Le copie prima di essere invendute devono essere trasportate, distribuite sul territorio nazionale, immagazzinate, esposte in libreria, restituite, e solo dopo vengono destinate al macero.
Più che ridere, dovrebbe far orrore.
La risposta delle case editrici fino a questo momento è stata pubblicare ancora più libri in una corsa alla concorrenza folle.
ChatGPT, da bravo algoritmo non pensante, si presterà volentieri sia all’utente finale, chiuso nella sua cameretta, sia al direttore di collana che vuole dare un’altra accelerata a questa macchina editoriale già in rotta di collisione.
Alla fin fine, se il libro muore, non sarà per colpa del nuovo arrivato. Diranno che era malato da molto tempo. E forse - forse - scopriranno che il suo ‘maggiordomo’ lo stava avvelendando.
Fin
Due notizie veloci per i super fan.
Ci vediamo al Comicon (allo stand di Lumien) Venerdì 2 e Sabato 3 Maggio. La prossima occasione per vedermi fare lo stupido sennò è il Salone del Libro di Torino.
Il prossimo post (per chi lo vuole leggere dopo ‘sta sviolinata) sarà probabilmente sull’estetica della violenza e della povertà (si sto scrivendo un cyberpunk, più o meno)
Ciao!
A meno che non ci sia la catastrofe sistemica che ci rimanda tutti nel medioevo, tipo la crisi climatica. E in quel caso avremo tutti problemi ben peggiori e questo mio post sarà tranquillamente dimenticato.
Di nuovo, una soluzione altrettanto spiacevole quanto la nota precedente.
https://substack.com/home/post/p-154486912
Ti sembra un concept già sentito? Forse perché è la trama di metà dei libri fantasy pubblicati nei primi duemila.
Ma non è detto che lo sia. L’IA per affermarsi sul mercato non deve essere migliore del migliore scrittore, deve essere solo migliore della media. Quanti libri pubblicati sono scritti male e hanno comunque il loro pubblico?
Come nel video Humans need not apply, di CP Grey
Provo ad aggiungere un pezzo: i lettori, che hanno sempre meno tempo, si faranno fare i riassunti dalle IA. Quindi avremo autori che fanno scrivere i libri alle IA e lettori che useranno le IA per leggerli. Quindi nessuno scrive, nessuno legge e in mezzo le IA come macchine di Tinguely. Sono indeciso tra un futuro alla Wall-E o alla Terminator.
Quel che spero è che riusciremo a mantenere pensiero critico sufficiente per affrontare i libri “on demand” e riconoscerli come sintomo di un’AI che sta andando fuori controllo. In più, il mio desiderio ancor più forte è che si riesca a mantenere il libro (creato dalle persone) in vita a prescindere da ciò che il futuro ci riserva, non credo ci siano molte cose più importanti di questa.